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mercoledì 27 aprile 2016

Lezione a scuola

Lezioni di biologia e tossicologia agli studenti di Enfance et Paix a Dakar.

Durante la mia permanenza a Dakar, nell’autunno 2015, ho avuto la fantastica opportunità di fare un paio di lezioni agli studenti della scuola Enfance et Paix di Dakar nell’ambito di un progetto di Janghi Onlus. Ho cercato un argomento che rispecchiasse la mia preparazione di Neurobiologo ma che al tempo stesso potesse catturare la loro piena attenzione e fosse utile alla loro formazione. Considerando che si trattava di adolescenti, ho scelto l’argomento della droga in quanto i primi contatti con questa avvengono in genere proprio nell’adolescenza. Inoltre non credo che esista un programma scolastico che riesca ad affrontare di petto questo problema. L’argomento viene spesso trattato marginalmente se non addirittura taciuto come un tabù. Credo che anche in famiglia non se ne parla abbastanza, sia per scarsa conoscenza che per paura di scoprire o in qualche modo legittimare il consumo di droga. Gli adolescenti entrano in contatto con gli stupefacenti spesso completamente disinformati e condizionati dai luoghi comuni e inquietudine della loro età.  I pericoli maggiori e le intossicazioni potenzialmente letali possono incorrere nelle prime esperienze anche a causa dell’ignoranza.

In questo contesto l’arma più efficace è l’informazione. Tuttavia, poiché gli adolescenti non sono stupidi ne amano essere presi in giro, deve trattarsi d’informazione corretta, attuale e sostenuta da evidenze scientifiche e obbiettive, sgravata dai tabù, credenze e dettami morali della società. La distinzione tra le varie sostanze, i loro effetti, i danni potenziali, i dosaggi, le modalità di somministrazione e loro pericoli sono molto importanti perché offrono dei parametri concreti che potrebbero salvargli la vita. La capacità di distinguere tra effetto tossicologico reale e quello culturale permette da un lato di offrire dei riferimenti inconsueti o ignorati (molti si stupiscono che l’alcol o il tabacco siano droghe a tutti gli effetti) e dall’altro è molto efficace nel riconsiderare l’argomento da un punto di vista diverso, più asettico e privo della spinta emotiva. Rendersi conto che la droga include anche sostanze legali ampiamente diffuse o che attività come il gioco d’azzardo o lo stesso abuso del potere economico e politico siano meccanismi psicologici analoghi alla tossicodipendenza, aiuta i ragazzi ad avere un quadro più ampio del problema ridimensionando la visione romantica e ribelle dell’immaginario giovanile. 
Un atteggiamento imparziale, seppur accademico, favorisce il dialogo e l’apertura dei ragazzi permettendo di capire, e forse prevenire, situazioni pericolose spesso taciute per paura o diffidenza. Questo tipo di approccio non garantisce certo immunità ma fornisce, attraverso la conoscenza, gli strumenti adeguati d’analisi e discussione. La consapevolezza, infatti, incrementa la valutazione oggettiva e favorisce la crescita intellettuale indipendente. 
Ero molto preoccupato di fare una lezione noiosissima e, in questo modo, annullare tutti i benefici di cui ho parlato prima. Sono partito dalla struttura e funzionamento della cellula nervosa. Ho descritto i meccanismi di propagazione elettrica e chimica e gli effetti degli stimoli esterni. Ho spiegato come le nostre emozioni, reazioni e decisioni fossero dunque condizionate sia dagli stimoli ricevuti attraverso i nostri sensi che dalla memoria di eventi simili pregressi. Gli ho fatto notare che, proprio in quel momento, il loro cervello stava elaborando lo stimolo esterno (la mia lezione) e stava valutando le informazioni non solo da un punto di vista nozionistico ma anche in base alla mia prestazione, generando emozioni che potevano andare dalla curiosità alla noia, alla simpatia o al giudizio. 

Ho insistito su quel punto chiedendogli se conoscessero altre cose, al di fuori dei cinque sensi, che potevano influenzare i loro comportamenti e pensieri. Silenzio di tomba. Ho indugiato a lungo sulla domanda con il proposito di alzare la tensione. Poi ho tirato fuori una noce di cola dalla tasca mostrandogliela. Ho chiesto se la conoscessero e tutti hanno annuito. Ho dato un morso alla noce e ho chiesto se quell’azione potesse portare degli stimoli al mio cervello oltre a quelli generati dalle mie papille gustative. Ho spiegato che i miei battiti cardiaci stavano aumentando, la pressione sanguigna stava variando. Gli ho fatto notare che una pianta, una banale pianta, stava manipolando il mio sistema nervoso e influenzando il mio metabolismo. Gli ho chiesto se avessero mai pensato che una pianta potesse prendere il comando del cervello. A quel punto hanno cominciato ad entrare più vivacemente nella discussione elencando altre piante con effetti analoghi, come il tè e il caffè, per poi giungere alle droghe più classiche.  Abbiamo suddiviso e classificato le droghe in base al loro effetto e la loro potenza. Abbiamo valutato le conseguenze, i danni, i meccanismi di dipendenza. Abbiamo discusso di come una sostanza possa alterare il comportamento fino al punto di condizionare pesantemente la vita stessa di una persona. Abbiamo analizzato la differenza tra effetti psicoattivi, farmacologici e tossicologici reali e quelli legali, culturali e morali. Abbiamo constatato che esistono anche altri tipi di droghe come il denaro o il potere che, pur non essendo sostanze stupefacenti, potevano creare una vera e propria dipendenza.  E’ stata una discussione ampia, partecipata e molto stimolante. Ho concluso la lezione spiegando come la conoscenza fosse uno strumento formidabile perché gli avrebbe resi capaci di valutare le possibili conseguenze e condizionamenti derivanti dall’uso e abuso delle droghe. E’ stata un’esperienza molto interessante, sono nati molti spunti di approfondimento e discussione che mi auguro di poter affrontare di nuovo in futuro, in shāʾa llāh.

venerdì 4 marzo 2016

POURQUOI A-T-ON DETRUIT NOS BARAQUES?

Il fait tellement froid et je suis tout mouillé par la rosée.... cette nuit je n'ai pas dormi.
Je dois me lever, c'est l'heure de se préparer pour aller à l'école.
Je m'assois sur la natte encore toute mouillée où nous avons passé la nit serrés les uns contre les autres pour nous réchauffer, maman et mes petits frères et petites sœurs.... ma petite sœur dort encore sous les pagnes, maman et les autres se sont levés ... je me frotte les yeux.... je regarde autour de moi ... le terrain où nous habitons me semble devenu immense...




Je regarde les morceaux de nos baraques jetés par terre. On était bien là-dedans au chaud. Maintenant il n'y a plus rien qui nous protège sur nos têtes la nuit. Seulement les étoiles.
Je vois mes amis des autres baraques regarder eux aussi un peu perdus toutes les choses jetées à droite et à gauche.... des morceaux de bois, des planches, des morceaux de tôles, des bidons , des seaux....... Heureusement que mon cartable je l'avais mis ici près de la natte de façon à le retrouver tout de suite en me réveillant. J'en sors ma ténue qui heureusement n'est pas mouillée. Je vais me laver avec l'eau glacée du bidon que maman m'a laissé là-bas dans ce coin, derrière une tôle dressée entre deux bâtons. Je m'habille. 
Je n'ai pas faim. J'ai mal au ventre.

Je vais chercher mes amis et amies des terrains voisins, qui vont à l'école avec moi.
Chez eux aussi tout a été détruit. On a détruit aussi la baraque où il y avait deux jumeaux nouveau-nés. Sur certains des terrains les mamans ont déjà ramassé et rangé leurs bagages, dans d'autres tout est en désordre, on ne sait plus quoi appartient à qui.



J'ai trouvé mes amis assis qui sur une pierre, qui sur une planche en bois..... tous avec les yeux fixés sur les restes de leurs baraques, en silence.
Je suis sûr que eux aussi ils ne savent pas.
Pourquoi nous a-t-on détruit nos maisons? Pourquoi ?

Je sais que eux aussi, comme moi, ils n'osent poser aucune question. Ce sont des choses des adultes et un enfant ne doit pas poser de questions.
Mais moi la question je l'ai dans ma tête et elle ne me laisse pas en paix..... pourquoi ?  Nous vivons ici depuis si longtemps.... moi je suis né ici, sur ce terrain.  Pourquoi juste maintenant sont-ils venus détruire nos maisons ?
Depuis qu'on parle de terroristes qui ont fait des attentats dans des pays voisins les choses ont changé dans notre quartier.. il y a des gendarmes sur la route qui contrôlent toutes les voitures .... il n'y a plus autant de passants comme avant qui venaient dans les restaurants de la pointe et achetaient les cacahouètes et les fruits à nos mamans. Tout est calme et silencieux.
Mais qu’avons-nous à voir avec tout ça ?

Tout est arrivé si vite… avant hier matin, samedi, des hommes sont venus avec les voitures de la municipalité… ils ont dit qu’ils ont eu l’ordre de détruire nos baraques. Nos papas et nos frères plus grands ont essayé de discuter mais il n’y a eu rien à faire, ils ont dit qu’ils nous avaient avisé depuis une semaine et tant pis pour nous si nous ne nous sommes pas préparés en conséquence.
Beaucoup de mamans pleuraient. La mienne avait les yeux rouges comme hier soir avant de dormir ou ce matin quand je l’ai saluée.

Certains de mes amis ont été plus chanceux. Ils ne vivaient pas dans une baraque mais dans une maison abandonnée et celle-là on ne l’a pas détruite.  Mais beaucoup de familles restées sans toit se sont ruées sur elle et à la fin ils ont dormi presque pire que moi, entassés les uns sur les autres.




Ils se préparent pour venir à l’école avec moi. Entre temps je bavarde avec leurs petites sœurs qui essayent de se réchauffer autour d’un fourneau fait avec trois pierres et un peu de bois.
Elles ont froid comme moi et elles sont petites.
J’ai envie de pleurer… tout est triste autour.
Mais voilà qu’arrivent mes amis et lorsque nous sommes sur le point de partir m’appelle Salimata, ma petite cousine préférée avec le bébé de sa tante qu’elle tient dans ses bras.



Elle me dit “bonne école !” et me fait un sourire.
Et tout à coup tout me semble redevenu comme avant … et la journée est devenue belle.


















martedì 23 febbraio 2016

Perché hanno distrutto le nostre baracche?

Fa cos' freddo e sono tutto bagnato... stanotte non sono riuscito a dormire.
Mi devo alzare, è ora di prepararsi per andare a scuola.
Mi siedo sulla stuoia ancora tutta bagnata dove abbiamo passato la notte stretti gli uni agli altri per scaldarci, la mamma e i miei fratellini e sorelline più piccole... lascio mia sorellina dormire sotto i pagnes, la mamma e gli altri si sono gia alzati... mi stropiccio gli occhi... guardo intorno a me...il terreno dove abitiamo mi sembra diventato immenso...



Guardo i pezzi delle nostre baracche buttati per terra. Si stava bene la dentro al calduccio. Ora non c'è più niente che ci protegge sopra le nostre teste di notte. Solo le stelle.
Vedo i miei amici delle altre baracche guardare anche loro un po persi tutte le cose buttate qua e la... legni,  lamiere, bidoni d'acqua, secchi.... Menomale che la mia cartella l'avevo messa qui vicino alla stuoia in modo da trovarla subito alzandomi. Tiro fuori la divisa che grazie al cielo è rimasta asciutta. Vado a lavarmi con l'acqua gelida del bidone che mi ha lasciato la mamma laggiù in quell'angolo dietro una lamiera tirata su fra due legni. Mi vesto.
Non ho fame. Ho male alla pancia.

Vado a cercare i miei amici e amiche dei terreni vicini, che vanno a scuola con me.
Anche da loro tutto è distrutto. Hanno buttato giu anche la baracca dove c'erano due gemellini nati da poco. In certi terreni le mamme avevano gia messo le cose un po a posto. In altri tutto era in disordine, non si sapeva più cosa apparteneva a chi.



Ho trovato i miei amici seduti chi su un sasso, chi su una tavla di legno... tutti con gli occhi fissi sui resti delle loro baracche, in silenzio.
Sono sicuro che anche loro non sanno.
Perché ci hanno distrutto le nostre case? Perché?

So che anche loro, come me non osano chiedere niente. Queste sono cose dei grandi e un bambino non deve fare domande.
Ma io la domanda ce l'ho nella mia testa che non mi lascia in pace... Perché? Viviamo qui da tanti anni... io sono nato qui, in questo terreno. Perché proprio adesso sono venuti a distruggere le nostre case?
Da quando ci sono quegli uomini in divisa con i loro fucili che controllano le macchine per strada questo quartiere è cambiato. Non è più animato come una volta... non sono più tanti passanti come prima che venivano ai ristoranti della punta... e che compravano le arachidi e la frutta alle nostre mamme. Tutto è calmo e silenzioso. Dicono che ci potrebbero essere dei terroristi che fanno attentati come negli altri paesi. Ma noi cosa c'entriamo?

Tutto è accaduto così presto...l'altro ieri mattina, sabato, degli uomini con le auto della municipalità sono venuti ... hanno detto che avevano l'ordine di distruggere tutte le baracche. I papà e fratelli più grandi hanno cercato di discutere ma non c'è stato niente da fare, hanno detto che ci avevano avvertito gia da una settimana e peggio per noi se non ci siamo preparati.
Molte mamme piangevano. La mia aveva gli occhi rossi come ieri sera prima di dormire e stamattina quando l'ho salutata.

Alcuni miei amici sono stati più fortunati. non vivevano in una baracca ma in una delle stanze di una casa abbandonata e quella non l'hanno distrutta. Ma tutte le stanze sono state prese d'assalto da molte famiglie rimaste senza tetto e alla fine hanno dormito quasi peggio di me, pigiati fra la gente.


Si preparano per venire a scuola con me. Intanto chiacchiero con le loro sorelline che cercano di scaldarsi intorno al fornello fatto con tre pietre e un po di legna.
Hanno freddo quanto me e sono piccoline.
Ho voglia di piangere... tutto è triste intorno.

Ma ecco che arrivano i miei anmici e quando stiamo per partire mi chiama Salimata, la mia cuginetta preferita con il bebé di una vicina che tiene fra le braccia.
Mi dice "buona scuola!" e mi fa un sorriso.
E tutto mi sembra tornato come prima... e la giornata di colpo diventa bella.














Una bella vittoria: iscrizione a scuola ed estratto di nascita per 6 bambini del mio quartiere

"E' vero che sono una bambina, ma anch'io, come Thierno, voglio andare a scuola" mi ha detto D. , quasi protestando due giorni dopo che Thierno era stato integrato nella 1a elementare della scuola pubblica di Ngor (http://janghionlus.blogspot.sn/2016/01/anche-thierno-ha-diritto-di-andare.html)

E pian piano, quando le incontravo o a fare l'altalena nel mio giardino o per strada a vendere le arachidi o davanti alla loro baracca ad accendere il fuoco per la cucina con la legna raccolta vicino ai giardini delle ville, una dopo l'altra, spesso con un bebé attaccato alla schiena, mi dicevano la stessa cosa: "anch'io voglio andare a scuola!". 


Spesso con un faccino timido come chiedessero qualcosa di troppo  

Dai più grandi ai più piccoli




E il 2 febbraio 2016, grazie a Janghi Onlus, l'associazione creata dalle mie figlie insieme ad amici italiani e senegalesi, ce l'abbiamo fatta. La scuola ha accettato di iscrivere altri 5 bambini oltre a Thierno, tutti al CI, 1a elementare, malgrado fossimo gia in pieno secondo semestre dell'anno solastico.
Abbiamo superato tutti gli ostacoli che da vari anni i loro papà, analfabeti e senza nessun mezzo economico, incontravano per l'iscrizione alla scuola pubblica.
Primo fra tutti l'estratto di nascita.... Sopratutto per i bambini nati lontano dai luoghi abitati e dalle strutture ospedaliere, come la maggior parte di questi piccoli peulh fouta della Guinea. Ma anche per chi vive a Dakar è ancora poco diffusa l'abitudine di dichiarare la nascita del proprio bambino... " "Non avevo dichiarato la nascita del bambino perché all'epoca non sapevo sarebbe stato così importante. Avevo ben altre priorità quando è nato mio figlio: le cure di mia moglie alla maternità, l'acquisto dei medicinali così cari, i vestitini del bebé, la ricerca di un montone e la preparazione del battesimo... Ora invece avrei così bisogno di quel documento!" mi spiega un papà per giustificarsi. "Mio figlio è nato a Dakar, alla maternità. Avevo tenuto da conto tutti i documenti, libretto sanitario ed estratto di nascita, dentro una busta ben chiusa. Ma durante una di queste ultime stagioni delle piogge si è allagato tutto e i documenti non erano più utilizzabili in mezzo all'acqua e al fango..." mi spiega una mamma scoraggiata.
E un'altra mamma mi mostra il libretto sanitario che le hanno chiesto per poter fare l'estratto di nascita tardivo... tutto mangiato dai topi dove le informazioni più importanti riguardo alla data di nascita non si leggono più
Ma anche questo problema è stato superato... il direttore della scuola pubblica di Ngor che ha acettato di iscrivere i bambini metterà i genitori in rapporto con qualcuno che li aiuterà a fare le pratiche per l'ottenimento dell'estratto di nascita tardivo
Un altro problema quasi insormontabile per loro sono i costi. Malgrado la scuola pubblica sia gratuita ci sono dei costi obbligatori che i genitori devono sostenere. E per i peulh fouta delle baracche, che vivono di piccoli lavoretti giornalieri saltuari, anche questi pochi soldi diventano un ostacolo. 

E Janghi si è mobilizzata a Milano e a Dakar e così abbiamo potuto superare anche quest'ostacolo.
Pagare per ogni bambino sia l'iscrizione (2000 Fr, circa 3 Euro) che il materiale scolastico (12.000 Fr, circa 18 Euro) ed assicurare, come ha chiesto il direttore della scuola, che questi bambini, arrivati quasi a metà anno scolastico, riescano a raggiungere rapidamente il livello degli altri alunni . 
Un insegnante della scuola si è proposto di dar loro lezioni di recupero 3 pomeriggi a settimana per tre mesi. Per tutti e 6, Thierno compreso, chiede 150.000 Fr cioè circa 225 Euro.

Ed il sogno è diventato realtà.
Eccoli, tutti fieri, con la divisa unisex, uguali a tutti gli altri bambini, ammessi finalmente alla scuola di Ngor.

E' stato l'insegnante, dopo aver visto in che condizioni vivevano, a portare loro le divise, la vigilia dell'integrazione nelle classi, e si è raccomandato che fossero ben puliti e pettinati in modo da non sentirsi diversi dagli altri e che si rendessero conto dell'importanza di cio che stanno facendo.








venerdì 29 gennaio 2016

Anche Thierno ha diritto di andare a scuola

Lo trovo seduto su una grossa pietra davanti alla porta del mio giardino.
Non è entrato come gli altri a giocare.
Sta fermo, serio li ad aspettarmi. Thierno (nome inventato per il post) è cambiato.
Mi rendo conto che sono gia parecchie settimane che non lo vedevo. Gli chiedo come sta e senza alzare lo sguardo mi dice serissimo "wau" ("si" in wolof, la lingua con cui comunichiamo). Faccio altre domande per capire meglio e solo il "wau" si ripete, sempre con lo sguardo fisso per terra. Mi spavento e guardo con aria interrogativa sua zia  che vende frutta e arachidi su un tavolino fatto con pezzi di legno e cartoni di ricupero accanto alla mia porta d'ingresso: "ma cos'ha Thierno?".
 "E' cambiato - mi dice lei - da quando l'hanno mandato da uno zio a Dakar per imparare a fare il sarto. Lo zio è molto severo, non so se Thierno sta imparando a cucire ma almeno si è calmato, lo zio lo sta radrizzando bene."
Sono preoccupata. Non riesco a tirare fuori nessun altra parola dalla bocca di Thierno, un bambino di forse 11 anni, un tempo così allegro e sveglio. Allora gli dico di portarmi da suo padre.
In questo quartiere residenziale di Dakar, dietro ai muri che cingono terreni non ancora occupati da costruzioni o cantieri, in baracche provvisorie costruite con materiali vari di recupero, ci sono loro, i "peulh fouta", originari di una regione di pastori della Guinea, venuti alla ricerca di un lavoro, anche saltuario e improvvisato, che permetta di migliorare le condizioni della famiglia.

Il papà mi spiega che Thierno era diventato irrequieto e difficile da gestire, così, sempre per strada a non fare niente, quindi lo ha affidato allo zio. E' venuto solo oggi a trovare la mamma.
"Ma perché non va a scuola?'" chiedo io e di colpo vedo che Thierno alza lo sguardo e nei suoi occhi finalmente un barlume di interesse.
Il papà mi spiega che Thierno vorrebbe andare a scuola ed è da vari anni che lo chiede, ma non c'è stato verso di iscriverlo. Esigono l'estratto di nascita e lui non ce l'ha. "E' nato in Guinea, nella "brousse", in una capanna, lontano da qualsiasi Centro di Salute quindi non ha neppure il libretto sanitario dove l'ostetrica scrive la data del parto.
Vado col padre al Comune e mi dicono che l'unica possibilità è di fare la pratica di riconoscimeto tardivo al Tribunale. Ma ci vogliono testimoni e molto tempo. Siamo scoraggiati.
Allora vado alla scuola pubblica di Ngor. Thierno viene con me. Incontriamo il vicedirettore che sembra colpito dall'interesse del bambino e dal mio impegno. Mi dice che conosce qualcuno che puo aiutare il padre a fare le pratiche in tempi ragionevoli e con una data di nascita compatibile con l'iscrizione a scuola ed è certo che con una modica somma per coprire le spese, lo farà. Quindi lui può accettare il bambino a scuola. Pago l'iscrizione e mi porto garante che il papà contatterà il tizio per le pratiche al tribunale e che compreremo il materiale scolastico richiesto.
Allora il Direttore mi dice, "inutile perdere ancora tempo, domani mattina il bambino potrà presentarsi alla classe di prima elementare". Mi presenta un maestro per fare fare al bambino lezioni pomeridiane di recupero dei primi 4 mesi di scuola persi.
Finalmente Thierno sorride. Mi da la mano e mi tira veloce per arrivare presto dalla mamma e appena la vede da lontano seduta sul bordo della strada a vendere arachidi le grida: "domani vado a scuola!!"

martedì 13 ottobre 2015

QUEST'ANNO VADO A SCUOLA

Sono Mamadou (in realtà ho un altro nome ma l'ho cambiato come ho cambiato molti dei dati, nomi e foto che potrebbero identificarmi, ma che non cambiano la mia storia), ho 10 anni e sono un talibé.

Non sapete cos'é un talibé? Se siete gia venuti una volta in Senegal ci avete visto di sicuro. 


Sono i bambini che vedete ovunque per strada da soli o più spesso in gruppi piu o meno grandi, con una scatola di conserva usata che serve a tenere cio che sono riuusciti ad avere dai passanti durante la giornata: una manciata di riso, qualche zolletta di zucchero, qualche monetina.

E' da 3 anni che sono al Daara del mio insegnante coranico qui alle Parcelles Assainies a Dakar.
Ed é da 3 anni che non vedo mamma e papà ne i miei fratelli e sorelle.

Abitavo in un villaggio nella Regione di Kaolack. Mio padre é un contadino e i miei fratelli più grandi lo aiutano a lavorare i campi. In realtà non sono più tre campi, ma solo l'ultimo che ci é rimasto. Gli altri due sono stati sequestrati da una società straniera che fa piante strane, che non si mangiano ma servono a produrre energia. Quindi non servivano piu tante braccia per lavorare quest'ultimo campo rimasto, tanto più che molte volte non pioveva abbastanza e il lavoro si riduceva ancora di più.  


Mi ricordo, mio padre era preoccupato e mia mamma e la sua co-épouse si lamentavano sempre di non avere più niente da mettere in pentola per prepararci da mangiare. Eravamo 11 bambini, 6 solo di mia mamma. Forse ne sarà nato un altro da quando sono partito perché mia mamma aveva la pancia enorme come prima che nascesse Awa, la mia sorellina piu piccola.
Da quando si era ridotto il lavoro nei campi papà non mi portava più con lui a coltivare. Ma mi divertivo un sacco con gli altri bambini del villaggio a costruire macchine con fili di ferro, tappi di bottiglie e vecchie scatole di latta trovate per terra oppure ci arrampicavamo sugli alberi per cercare bacche o frutti selvatici e poi era bellissimo durante la stagione delle piogge quando finalmente tutto diventava verde, portavamo al pascolo le pecore e si potevano prendere i deliziosi frutti degli immensi baobab. 

Un giorno ho chiesto a mio papà se anch'io mi dovevo preparare per andare a scuola. Infatti era quasi finita la stagione delle piogge e 3 dei miei inseparabili amici erano tutti eccitati perché erano andati col loro papà a iscriversi alla scuola più vicina, in un altro villaggio.
Mio papà mi ha detto di no, che non avrei fatto quella scuola. Era troppo lontana, avrei dovuto fare kilometri da solo a piedi ogni giorno e lui non aveva i mezzi per comprarmi le scarpe e dei vestiti adatti. In più voleva che imparassi il Corano molto meglio di quanto avessi fatto fino ad allora, con l'insegnante del nostro villaggio. "In questo modo, - mi diceva con l'aria severa - andandoci solo poche ore al giorno, con tua mamma che ti difende sempre quando ti puniscono perché non hai imparato bene, non riuscirai mai a sapere tutto il Corano a memoria. In più devi diventare un uomo, forte e coraggioso, capace di affrontare le difficoltà della vita. Finché rimani incollato al pagne di tua mamma non lo diventerai mai. E poi, dove ti porta quella scuola dove hanno iscritto i tuoi amici? Ci sono solo poche classi e finite quelle non avrai nessuna possibilità di fare un lavoro decente. Dovrai andare in un altra scuola più lontana, in città a Kaolack dove non conosco nessuno che ti potrà ospitare. Invece voglio che diventi un uomo religioso, ascoltato e stimato da tutti. Conosco un marabout molto serio e apprezzato da tanti miei amici e parenti, che ha un Daara a Dakar dove potrai imparare moltissimo senza che debba preoccuparmi di niente perché pensa a tutto lui."
Mia mamma ascoltava in silenzio. Più tardi l'ho sentita discutere con papà che si é arrabbiato tantissimo. Non ho sentito molto di cio che dicevano, solo un "é ancora troppo piccolo" di mia mamma che sembrava voler piangere.
Da un lato ero tristissimo di andare lontano dalla mamma, ma dall'altro ero fiero di diventare un uomo forte e forse un gran marabout anch'io. In questo modo potrò essere io ad aiutare un giorno la mamma e liberarla da tutte le preoccupazioni.
Pochi giorni dopo, ho salutato la mamma che mi ha stretto a lungo, fra le sue braccia, e sono partito con papà fino ad un villaggio vicino alla grande strada. 


Li abbiamo preso un "car rapide" e dopo molte ore di scossoni siamo arrivati in una citta caotica piena di macchine e motorini, Kaolack ,  

Era li la casa del marabout. C'erano altri bambini. Papà mi ha salutato dicendomi di fare il bravo e ubbidire sempre al marabout. Deve essere fiero di me.
Ho passato la notte con gli altri bambini su delle stuoie per terra nel cortile della casa. E l'indomani siamo partiti con il marabout e gli altri bambini per Dakar.

Da tre anni ho imparato tantissime cose.... Ormai so gia quasi il Corano a meoria e so scrivere molti versetti e mio papà sarà fiero di me.


Ma ho imparato anche tantissime altre cose dalla vita per strada... ho imparato ad attraversare le strade più pericolose e piene di macchine, ho imparato a fare i conti dei soldi che ho guadagnato e come dividerli fra di noi quando li abbiamo avuti insieme, ho imparato a difendermi quando qualcuno vuole prendermi qualcosa, ho imparato a non piangere quando mi si picchia o quando ho freddo o fame. 
Ho imparato a dividere con gli altri talibés ed é bellissima l'amicizia che c'é fra di noi. 

Ho imparato a riconoscere le persone che probabilmente mi daranno qualcosa da quelle che invece mi cacceranno via. Ci sono delle "mamans" che mi sorridono e mi danno da mangiare e so che quando sono triste posso andare da loro, ci sono dei "monsieurs" che ogni mattina immancabilmente si fermano con la loro macchina per darci delle monetine da dividerci, c'é un "tangana" dove so che la "maman" troverà sempre un pezzo di pane o qualche altra cosa da bere o da mangiare per me



Ma ci sono anche dei giorni in cui non incontro nessuno di loro, ho la pancia che mi fa male per la fame e tanta paura perché non sono riuscito a trovare i 500 Fr che ci ha chiesto di portare ogni giorno il marabout.


Sono i soldi che servono a fare andare avanti il Daara, mantenere i nostri insegnanti coranici, completare il cibo per noi... In certi Daara i talibés che non portano i soldi sono picchiati. Da noi no, ma il marabout non sarà contento e so che é un mio dovere perché é solo così che possiamo mantenerci.

Ma quest'anno ci sono novità.
Il marabout ci ha detto che alcuni di noi per i quali ha avuto il permesso dai genitori, oltre ad imparare il Corano, potranno anche andare a scuola invece di passare le giornate per strada a mendicare. Che c'é una scuola, Enfance et Paix, qui vicino, dove andavamo a chiedere l'acqua da bere, che ci accoglie nelle sue classi e c'é un associazione italo-senegalese, Janghi, che paga la nostra retta scolastica e sostituisce cio che noi avremmo portato al Daara mendicando, con alimenti. 
Mi sembra un sogno.....
So che sarà duro perché dovrò studiare tantissimo, ma so che la mia vita presente e futura cambierà.